giovedì 22 marzo 2018

Come diventare consulente sulla gestione rifiuti

La consulenza sulla gestione rifiuti per le aziende è tra le professioni più richieste degli ultimi tempi. Complici normative sempre più complesse e difficoltà sempre maggiori da parte delle imprese nello smaltimento e nella gestione stessa dei rifiuti prodotti, il consulente è un validissimo aiuto soprattutto in settore specifici come l’edilizia, la sanità, l’agricoltura, la metallurgia e così via. Consideriamo che i rifiuti prodotti dalle aziende sono considerati speciali e spesso classificati come pericolosi, pensiamo ad esempio a quelli edilizi o sanitari, e di conseguenza necessitano di una gestione e di uno smaltimento che avvengano secondo procedure precise e corrette. Il consulente, in questo senso, è proprio colui che aiuta l’azienda nell’organizzazione della gestione dei rifiuti, controllando che la normativa venga applicata in modo corretto e preciso.

Il test di ammissione per i consulenti

Ci sono diverse tipologie di consulenti, a seconda della specializzazione e dei compiti che vengono svolti. C’è chi, ad esempio, si occupa della gestione, chi della decontaminazione, chi svolge questo ruolo come dipendente di un’impresa e chi, nella maggior parte dei casi, è un professionista esterno specializzato sul tema e regolarmente iscritto all’apposito albo. Per diventare consulente, infatti, occorre essere abilitati e quindi essere ritenuti idonei attraverso un esame, che consiste in un test multiplo su domande di carattere generico e specifico. L’idoneità non è eterna, ma va ripetuta e verificata ogni cinque anni così da mettersi continuamente alla prova. Può fare l’esame ogni cittadino italiano o extracomunitario diplomato.
Il test viene regolarmente pubblicizzato su internet, tramite l’albo dei gestori ambientali, per sostenerlo va versata anche una piccola quota per l’iscrizione, pari a 90 euro, iscrivendosi direttamente alla Camera di Commercio. L’esame dura un paio di ore e funziona esattamente come tutti i test a risposta multipla. In caso di superamento viene rilasciato un attestato che abilita alla professione e si viene iscritti in automatico all’albo nazionale dei gestori ambientali, consultabile anche online.

Una figura professionale innovativa

Si tratta, quindi, di una figura competente sulla gestione e l’organizzazione dei rifiuti aziendali, che rappresenta un punto di riferimento importante per le imprese e che monitora attentamente – e con precise responsabilità – la questione rifiuti aziendali. Un professionista serio che sta assumendo via via sempre maggiore importanza nelle politiche sui rifiuti e che sta comportando anche una progressiva rinnovata attenziona da parte del mondo imprenditoriale per questo settore. Oggi, infatti, esistono società specializzate nella consulenza sulla gestione rifiuti, come Nova Ecologica, che offrono servizi molteplici e di alta gamma nel settore consultabili anche su NovaEcologica.it.

martedì 20 marzo 2018

Modello ICRIC (invalidità civile): adempimenti in caso di decesso del titolare

La morte è un evento traumatico che segna molto più chi sopravvive, non solo emotivamente ma  anche per tutto il carico di burocrazia che si materializza subito dopo aver superato l’ondata di dolore e sofferenza per la perdita. A seconda delle situazioni, è necessario svolgere alcuni adempimenti relativamente allo stipendio o pensione percepita dal defunto che ne era titolare e alla tipologia di retribuzione o pensione (reversibilità, invalidità civile, invalidità militare e così via).  In fin dei conti, avere a che fare con le agenzie funebri a Roma o in qualsiasi comune italiano è il problema minore, soprattutto se si tratta di agenzie rinomate e di esperienza come la Cattolica San Lorenzo. Le difficoltà subentrano quando si ha a che fare con le amministrazioni pubbliche; ma l’importante è essere informati e sapere cosa fare e come muoversi. Uno di questi casi riguarda gli adempimenti in merito alla pensione di invalidità civile di cui il defunto era titolare.

Cos’è il modello ICRIC

La pensione di invalidità civile viene richiesta all’INPS tramite apposito modulo: il modello ICRIC (Invalidità Civile Ricovero) che attesta il grado di invalidità e l’eventuale indennità di accompagnamento nonché indennità di ricovero presso una struttura pubblica – con la retta a carico, per intero, dello Stato (ad esclusione dei ricoveri per patologie).
Il modello ICRIC è, dunque, una dichiarazione che serve all’INPS per la verifica delle condizioni di indennità e la permanenza dei requisiti amministrativi – secondo legge – per poter riconoscere l’erogazione della prestazione economica relativa alla condizione di invalidità civile e, di conseguenza, ricalcolare, aumentare o ridurre l’importo dell’indennità di accompagnamento o dell’assegno sociale. I riferimenti normativi sono:
l’articolo 1 della legge n.662 del 23 dicembre 1996; e
la Legge n. 247 del 24 dicembre 2007.

Adempimenti in caso di invalidità civile del defunto

La circolare INPS 2535/2017 stabilisce che la comunicazione dei redditi all’INPS spetta anche a coloro che si trovano in condizione di presentare le cosiddette dichiarazioni reddituali brevi relative alle dichiarazioni di decesso, espatrio o rinuncia alla pensione di invalidità.
La dichiarazione breve di decesso può essere presentata dagli eredi solo nel caso in cui il decesso sia avvenuto in una data precedente l’anno di reddito richiesto. In caso contrario, qualora non ci fosse la suddetta condizione,  gli eredi legittimati a dichiarare per conto del de cuius devono presentare una regolare dichiarazione reddituale a tutti gli effetti.

Quanto costa la cremazione degli animali

La cremazione degli animali è oggi un’usanza molto diffusa anche in Italia. Tuttavia, le associazioni animaliste denunciano spesso prezzi troppo elevati e poca regolamentazione. Cosa fare allora? Come possiamo regolarci per capire, nel caso ci sia necessario, come procedere e a quali prezzi, per la cremazione cani a Roma? Sicuramente possiamo rivolgerci a degli esperti del settore come Cattolica San Lorenzo o visitare il sito aziendale www.funeraliroma.it per avere qualche informazione tecnica e ben precisa sul tema. In ogni caso, vediamo assieme quanto costa o almeno quanto dovrebbe costare la cremazione degli animali e com’è la situazione effettiva in Italia.

I cimiteri per gli animali in Italia

Nel caso in cui, purtroppo, ci troviamo ad affrontare il decesso del nostro cane, dobbiamo sapere che la sua sepoltura ha regole ben precise nel nostro Paese. Innanzitutto, ma questo dovrebbe essere superfluo sottolinearlo, è vietato abbandonare il corpo senza vita del nostro animale tra i rifiuti o sulla strada. Ci sono soltanto due alternative: la cremazione oppure la sepoltura in cimiteri appositi o nei terreni privati. La normativa generale in realtà è dell’Unione Europea, spettando poi alle ASL e ai Comuni la competenza di emanare regolamenti precisi validi in ogni territorio. Nel caso in cui, comunque, decidiamo per la sepoltura questa può essere fatta sia nei cosiddetti cimiteri per cani che in terreni privati, nel nostro giardino ad esempio, purché non ci siano falde acquifere e il cane non sia morto di infezione. Nel caso di un condominio, ci servirà il consenso condominiale. I resti vanno poi isolati, così da metterli al riparo anche dall’aggressione da parte di altri animali che potrebbero sentirne l’odore. Per la cremazione occorre rivolgerci a un’impresa funebre specializzata o al nostro veterinario e il procedimento avverrà secondo una burocrazia e una logistica ben precisa.

Cremazione cani, quanto costa

Arriviamo ora ai costi. Per la sola cremazione i prezzi minimi partono dai 50 euro, il certificato di morte costa invece almeno 30 euro. La cremazione singola costa ovviamente di più di quella comune. Anche il cimitero per animali costa, esattamente come per gli uomini. In questo caso si prevedono dei canoni di affitto ben precisi. Insomma, se consideriamo tutti gli annessi e connessi relativi alla morte del nostro amico a quattro zampe, una sepoltura degna può arrivare a costare anche oltre i 3000 euro, una cifra considerevole e, soprattutto, non proprio alla portata di tutti. L’unica strategia, quindi, è quella di informarci bene e valutare, preventivi alla mano, la migliore offerta per l’ultimo saluto al nostro cane.

lunedì 19 marzo 2018

Come sapere quali rifiuti produciamo

Sappiamo esattamente che tipo di rifiuti produciamo? Probabilmente no. Ultimamente, uno degli aspetti a cui siamo maggiormente interessati è la questione della riciclabilità o meno dei rifiuti e delle varie tipologie, ma spesso oltre a questa dimensione tendiamo a confonderci. Cominciamo quindi a chiarirci un po’ le idee. Innanzitutto, cosa si intende per rifiuto? Dal punto di vista normativo, un rifiuto è ogni cosa o oggetto di cui ci si voglia o ci si debba disfare. Esistono rifiuti molto diversi tra loro, urbani e speciali ma anche pericolosi e non pericolosi. Com’è intuibile, la differenza tra le diverse tipologie condiziona anche il tipo di smaltimento del rifiuto, che va comunque affidato a un’impresa qualificata nel settore come Nieco (se vuoi consultare il sito clicca qui), Vediamo più in dettaglio la differenza tra le diverse classificazioni.

I rifiuti urbani e quelli speciali

Se un rifiuto è urbano o speciale lo decide la sua provenienza, ovvero se arriva da una casa o da un luogo produttivo, che sia artigianale o industriale o agricolo poco importa. Dunque, il rifiuto urbano è quello domestico, gestito nel suo smaltimento dall’amministrazione pubblica o da società compartecipate (di solito) che incide anche sulla tassa dei rifiuti. I rifiuti speciali, invece, sono quelli prodotti da aziende, imprese, stabilimenti industriali, che vanno smaltiti attraverso imprese specializzate nel settore e autorizzate nell’attività di smaltimento. Questo perché smaltire i rifiuti speciali non è solo un’attività complessa dal punto di vista della gestione tecnica, ma anche amministrativa. Dunque, occorre che un’impresa autorizzata si occupi dello smaltimento dall’inizio alla fine, provvedendo quindi a tutta la filiera della gestione del rifiuto speciale.

Cosa sono i rifiuti speciali pericolosi

Esistono poi i rifiuti speciali cosiddetti pericolosi e quelli considerati non pericolosi. Questa distinzione dipende dalla tipologia di rifiuto, se cioè al suo interno contenga sostanze inquinanti oppure no. In caso positivo, oltre allo smaltimento specifico di questi rifiuti occorre anche un trattamento molto particolare per andare a neutralizzare la loro pericolosità. Pensiamo ad esempio a dei diserbanti, rifiuti speciali in quanto prodotti da uno stabilimento industriale e pericolosi in quanto altamente inquinanti e pericolosi anche per la salute dell’uomo. Comprendiamo quindi quanto sia importante una corretta gestione dei rifiuti speciale, soprattutto di quelli pericolosi, come l’amianto o le vernici o rifiuti derivanti da zone contaminate, ma anche medicinali e morchie. Si tratta, quindi, di una tematica molto complessa e delicata che va affrontata in tutta la sua complessità.

martedì 13 marzo 2018

Riscatto della laurea e TFR: come funziona?

Ai fini pensionistici si richiede il calcolo  TFR – Trattamento di Fine Rapporto – per stabilire il valore della pensione. Oltre al calcolo in base agli anni di lavoro, si può incrementare la buonuscita con l’aggiunta del calcolo di altri periodi riscattabili ai fini pensionistici come gli anni di servizio militare o quello universitari; perché gli anni riscattati contino ai fini del calcolo del TFR (clicca qui), occorre fare la domanda di riscatto già durante gli anni lavorativi;  ma cosa significa riscatto e su cosa si basa il calcolo ai fini del TFR?

Cos’è il riscatto a fini pensionistici

Il riscatto consiste in una valutazione:
  • Dei servizi e dei periodi non coperti dall’obbligo di contributi previdenziali (ai fini del TFS – indennità di buonuscita e indennità premio di servizio;
  • Di un periodo quantificato – ai fini del TFR – in una somma da mettere da parte e che costituisce quota di TFR.
In ogni caso, il riscatto è subordinato al pagamento di una somma – completamente a carico del richiedente – che viene determinata in base all’applicazione di un coefficiente.
Tale coefficiente si ricava in base a:
  • Retribuzione annua percepita alla data di inoltro della domanda;
  • Età del richiedente;
  • Età di pensionamento (per limiti di età o anni di servizio effettuati in base a qualifica o grado ricoperto);
  • Limite di periodo di riscatto concesso (per la laurea, per esempio, 4 o 5 anni a seconda del corso di studi).
Obbligatoriamente, la domanda di riscatto si deve inoltrare durante gli anni di attività in servizio.

Chi può fare la richiesta di riscatto?

Il riscatto può essere richiesto da:
  • Dipendenti pubblici in servizio con contratto determinato (TFR),
  • Dipendenti civili e militari con contratto a tempo indeterminato prima del 31 dicembre 2000 e personale in ruolo ma non contrattualizzato (militari, ricercatori, docenti universitari, magistrati, diplomatici -  TFS buonuscita);
  • Dipendenti di enti locali, servizio sanitario e iscritti al fondo di previdenza ex-INADEL con contratto a tempo indeterminato prima del 31 dicembre 2000.

Quali sono i periodi riscattabili

Gli anni di studio possono essere riscattati a fini pensionistici purché non contemporanei ad altri servizi con iscrizione previdenziale. I periodi “scolastici” e di formazione riscattabili sono:
  • Corso di laurea e corso di specializzazione post-laurea;
  • Anni di corso per Laurea breve;
  • Dottorati di ricerca;
  • Corsi di formazione professionale con conseguente titolo di studio/attestato;
  • Tirocini pratici per farmacisti e operatori sanitari (dal 10 settembre 1991);
  • Anni per il conseguimento del diploma di:
    • Infermiere;
    • Assistente sociale;
    • Fisioterapista e tecnico della riabilitazione.
A partire dal 12 luglio 1997, gli anni di laurea, specializzazione post-laurea, dottorato di ricerca e laura breve sono riscattabili anche se i titoli conseguiti non sono stati utilizzati durante la carriera professionale. Gli anni di studio si possono riscattare per intero o parzialmente purché entro i limiti temporali del corso di studi (gli anni fuori corso non sono calcolati).

Se il richiedente non ha maturato il diritto al TFR, il riscatto non produce effetti e i contributi versati all’INPS Gestione dipendenti Pubblici non sono rimborsabili.

Come fare verifica delle partite IVA comunitarie

La partita IVA comunitaria serve per poter commercializzare in sicurezza e libertà nell’ambito dell’Unione Europea. A volte, quando si possono nutrire dubbi e si vogliono avere certezze sull’affidabilità del proprio partner commerciale, è necessario poter verificare la validità della partita IVA della controparte. Il servizio di verifica delle partite IVA comunitarie è effettuabile – anche online – presso il VIES, una banca dati e un sistema di controllo presso la quale ottenere le informazioni necessarie su tutte le imprese operanti con sede in Unione Europea. Per informazioni sulla partita IVA comunitaria, clicca qui.

La verifica della partita IVA comunitaria tramite VIES

Per accedere alla consultazione delle partite IVA comunitaria dei proprio clienti è necessario iscriversi e, pertanto, inserire i dati presso la banca dati VIES. Gli ultimi aggiornamenti normativi sono stati effettuati nel 2011, qualora la verifica di un codice cliente di accesso dovesse risultare, vuol dire che sono cambiati dei parametri per cui è necessario iscriversi nuovamente.
Ma come funziona il VIES? Il VIES è un sistema elettronico che collega tra loro i sistemi fiscali degli Stati Membri europei, la verifica si effettua dunque online, accedendo all’area del sito “Controllo Partite IVA comunitarie”:
  • Si seleziona lo Stato membro di interesse appartenente al cliente/fornitore/azienda di cui si desidera verificare l’esistenza,
  • Si inserisce il numero di partita IVA indicato sulla fattura,
  • Si inoltra la richiesta presso l’amministrazione fiscale del paese membro che accede alla propria banca dati;
  • Si attende l’esito – in tempo reale – che può essere “codice valido” o “ codice non valido”.
Se il codice è valido significa che l’operatore è esistente ed esercita regolarmente la professione, se l’esito è “codice non valido” significa che:
  • L’operatore non è esistente;
  • Il codice non è stato digitato correttamente;
  • L’operatore non è iscritto alla banca dati.
In questi casi, per ottenere le informazioni richieste si deve contattare l’Agenzia delle Entrate. Le informazioni che si possono visualizzare sono: denominazione e indirizzo dell’operatore (solo se lo Stato Membro ha autorizzato la divulgazione dei dati).
È importante digitare correttamente il numero di partita IVA, perché ogni Stato adotta il proprio formato: solitamente il codice identificativo IVA ha un numero specifico di caratteri e numeri a seconda del Paese, nella maggior parte dei casi si compone di una lettera (a inizio o fine codice) e 9 numeri (a volte 10). L’elenco della struttura di un numero di partita IVA per paese è consultabile sul sito dell’Agenzia delle Entrate.

Quali sono i paesi aderenti al VIES


È possibile consultare le partite IVA comunitarie solo dei paesi aderenti al sistema di controllo VIES e sono i seguenti: Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Gran Bretagna (fino a conclusione del processo di BREXIT), Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Olanda, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria.

Occhio alle truffe sulle assicurazioni low cost!

L’RCA è obbligatoria, ma in Italia ha dei costi molto alti; è legittimo cercare di risparmiare andando alla ricerca di un’assicurazione auto low cost (per maggiori informazioni vai al link: http://www.inforcauto.it/assicurazioni-auto-low-cost063.html) ma è bene fare molta attenzione e prendere le cautele necessarie a evitare la sottoscrizione di polizze – truffa, soprattutto online. bisogna, inoltre, prestare molta attenzione alle clausole perché anche quando l’assicurazione è regolarmente esercitata da soggetti autorizzati, dietro premi troppo bassi possono nascondersi delle piccole “magagne”, come l’assenza di alcuni servizi di base o la mancanza di assistenza in determinate circostanze. Occhio alle truffe!

Come evitare le truffe sulle assicurazioni low cost

L’IVASS (Istituto di Vigilanza sulle Assicurazioni) è l’ente presso il quale poter effettuare verifiche sull’esistenza e l’attendibilità delle compagnie assicuratrici in Italia e in Europa. Prima di sottoscrivere una polizza low cost, quindi, è bene sincerarsi presso l’IVASS della reale esistenza e del rating (o giudizio) espresso dall’ente stesso in merito alle varie compagnie.
Esiste anche una sorta di black list, una lista nera delle compagnie inaffidabili o contraffatte consultabile sul sito dell’IVASS. La maggior parte delle truffe riguardano la tipologia delle assicurazioni auto di durata temporanea sottoscritte online.
Questi siti truffa utilizzano tendenzialmente i dati identificativi di un intermediario regolarmente iscritto al RUI (Registro Unico degli Intermediari), i quali sono all’oscuro dell’utilizzo improprio della loro identità. Quando l’Istituto di vigilanza effettua i suoi controlli regolarmente e riscontra attività illecite può richiedere l’immediato oscuramento dei siti-frode presso le autorità competenti.

Come riconoscere gli intermediari regolari?

Oltre che consultare la lista sul sito dell’IVASS, l’Istituto consiglia di prestare particolare attenzione ad alcuni elementi, soprattutto quando le offerte assicurative passano attraverso i profili dei vari social network. Per essere attendibili, i profili social degli intermediari citati dalle compagnie devono indicare sempre:
  • I dati dell’intermediario;
  • Recapiti della sede di lavoro (indirizzo, telefono, fax, posta elettronica);
  • Il numero e la data di iscrizione al RUI;
  • L’indicazione di essere iscritto all’IVASS o sottoposto a controllo regolare dell’IVASS.

Oltre al sito, i consumatori possono rivolgersi all’Istituto anche tramite il numero verde a cui rispondono gli operatori dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 14.30.